CONI DI CIALDA WAFFLE PER GELATO ( E COPPETTE)
Siamo in estate, la stagione per eccellenza dei gelati e quindi anche dei coni con cialda waffle.
E io mi son adeguata e ne ho gia fatti parecchi gusti. Uno meglio dell’altro…. E tantissimi ne ho ancora in mente da provare!!!
Ma una cosa mi manca…. Ogni volta lo devo mangiare dalla coppetta.
E io invece fin da piccola son stata amante del cono perché mi piace leccare la mia pallina.
Voi la conoscete la storia del cono gelato???
La cialda del cono gelato ha subito negli ultimi anni una vera e propria rivoluzione passando dal tipo wafer a quello in cialda-biscotto.
Si tratta di un vero e proprio “contenitore” commestibile da trasporto, di forma conica aperto alla base da impugnare con la parte aperta in alto.
Molti si chiedono dove sia nato il cono che compare per la prima volta ad opera dell’inglese Agnes Marshall, definita “Queen of Ices”, che li menziona nel suo libro “Mrs. A.B. Marshall’s Book of Cookery” (1888).
Il cono stampato appare in Europa nel 1902 da parte di Antonio Valvona (UK patent n. 701776) e negli Stati Uniti nel 1903 da Vittorio Marchionni (USA patent 746971, proveniente dal Cadore).
La produzione su scala industriale dei primi coni, che fino ad allora erano stati arrotolati a mano, inizia intorno al 1912, ad opera di un certo Frederick Bruckman, un inventore di Portland che brevettò una macchina “arrotolatrice”.
L’impasto è piuttosto semplice, costituito da pochi ingredienti come farina, uova, zucchero ma è necessario un grasso per “isolare”, almeno temporaneamente, la cialda dall’umidità del gelato.
Dal cono artigianale arrotolato tradizionale l’industria ha lanciato quello tipo wafer, leggero, insapore con lo scopo di “reggere” il gelato e non farlo colare nel cono stesso che si sarebbe “spugnato” (gergo napoletano) cioè molliccio, assorbendo l’umidità del gelato.
E’ a Napoli però che questo problema viene risolto e, più precisamente, nella gelateria “Spica” di via Emanuele Gianturco.
La cialda arrotolata venne “isolata” ricoprendo l’interno del cono con uno strato di cioccolato e nel 1961 fu lanciato il “cornetto”. Si, quello famoso dell’Algida che comprò l’azienda napoletana nel 1976.
Ma se i coni li vendono mi son detta perché non farceli noi pure quelli??? In fondo se facciamo il gelato….
come li facciamo?
Allora, per fare i coni servono due strumenti: una piastra di cottura e un cono di legno o plastica o metallo per avvolgerli.
Lo confesso che la piastra la avevo comprata lo scorso anno su amazon. Mi era apparsa per caso, stavo acquistando le pappe delle micie e amazon – che mi conosce – me la aveva segnalata. Solo 13 €…..
Avevo resistito BEN 24 ore e poi avevo fatto click, la avevo comprata. Non è nulla di serio, assolutamente non professionale, una specie di giocattolo, ma per l’uso che ne faccio io…. Già troppo avevo speso.
E ricordo che la ho pure usata una volta, rifacendomi ben bene le dita per le ustioni.
Premetto che non esiste una cavolo di istruzione su come usarla, non ci sono ricette in dotazione e nemmeno una vaga idea di quanta pasta mettere sulla piastra per fare una cialda decente.
Ma il vero problema viene dopo ….
Per toglierla dalla piastra non si posson usare palette di plastica o si rischia la fusione, e con quella di metallo sono già riuscita a farle un paio di graffi mannaggia.
E poi va arrotolata. Qua il problema è non fare il cono col buco sul fondo. Senno fa come i cornetti del supermercato che , sarò sfortunata io, mi capitano sempre col fondo spezzato e mi cola il gelato da sotto.
Comunque dopo vari esperimenti qualcosa fuori lo ho cavato. E mi son pure “divertita”
Resta il fatto che alcune parti sono piu cotte (color nocciola direi) e altre meno (stile anemia andante) perché la cottura sulla piastra non è omogenea ma su quello posso farci poco. Cosa volete farci, è un primo prezzo, molto primo….
Come sempre, i primi coni son un mezzo schifo, mentre gli ultimi quasi decenti. E all’inizio ti ustioni le dita, alla fine le mani ormai sono a-termizzate e praticamente potresti metterle sulla crepiera calda…anche se credo che dovrebbero vendere in combinato una pomata Foille x ustioni.
Poi stufa di coni ho provato a fare delle coppette . Queste sono più semplici da realizzare. Basta togliere l’impasto cotto dalla piastra e pressarle in uno stampo a coppetta, tipo quello dei muffin.
E sono buone tanto quanto i coni, croccanti e vanigliate il giusto, e sicuramente più delle coppette di vetro che ho usato fino a ora e a cui siamo tutti abituati….
Certo il risultato non è da urlo esteticamente parlando ma come gusto sono spaziali. E poi diciamolo: alla prima volta mica tutti possiamo fare dei capolavori no???? E inoltre dopo due ore al caldo china su piastra rovente è già tanto che non mi sono cotta io.
ma la ricetta ce la dici o no???
Ma veniamo a quello che vi interessa, fino a ora vi ho annoiato con mille racconti, a voi quello che “frega” è la ricetta.
Come vi ho detto la piastra è venduta nuda: arrangiati per farla breve.
Io ho fatto un po’ di ricerche in libri e internet sia italiani che stranieri e ne ho tirato fuori una “mia” che vi lascio.
La ricetta è valida, funziona, è buona, tiene bene la cottura e se poi mettete i coni in una scatola ermetica durano come i biscotti anche un paio di settimane.
Il problema è come sempre la cottura: quanto è valida la cialdiera, quanto scalda e se scalda in modo uniforme. E poi ovviamente a fare il risultato è la velocità con cui arrotolate e se riuscite a chiudere bene lati e punta sul fondo.
Quindi se le foto vi paiono dei mezzi cessi è colpa mia, della mia scarsa manualità, ma vi garantisco ci ho rimesso 10 dita di ustioni….
Vi faccio notare che se cercate su google il 90% delle ricette parte da uova e latte. La cosa non è del tutto corretta. In genere nelle cialde se le si vuole croccanti le uova sono assenti, e si usano invece olio e acqua.
Io ho cercato anche in un vecchio testo dell’Artusi che mi ricordavo ne parlava.
Nel capitolo relativo lui le chiama CIALDONI e sono proprio le nostre cialde, scaldate su una piastra rovente…
“Ponete sopra il fornello medio della cucina a gas, a fiamma basso, il ferro da cialde e oliatelo col pennello da tutt’e due le parti.
Fate scaldare bene e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata abbondante della pastella. L’operazione della pennellatura di olio è da farsi adogni cialda.
Stringete le due parti del ferro insieme, e contate prima 60 secondi da una parte e poi dall’altra, 120 sec. in tutto. E’ importante, così quanto la regolazione della fiamma sul fornello.”
Ecco questo dice lui….
Comunque venendo alla ricetta io ne ho provate tre diverse. La storia uova o non uova mi ha incuriosito. E ve le lascio tutte con anche le mie considerazioni personali. Poi sta a voi trarre giudizi.
prima versione
PRIMA RICETTA SENZA UOVA CON BEVANDA VEGETALE E OLIO
115 zucchero zefiro
Vaniglia
47 olio girasole
140 farina
5 cacao
145 bevanda vegetale riso, soia ( io ho usato cocco perché lo avevo aperto)
Questa prima ricetta è molto simile alla idea dell’Artusi e la ho trovata nel testo “genialmente freddo” di De Carlo. Ne risulta una astella molto densa, corposa. La trovo perfetta, ma solo per cialdere professionali che riescono a cuocere masse come questa, molto compatte.
Per cuocere bene qua servirebbe una piastra molto molto calda, non mcome la mia, e sicuramente una cottura u niforme.
La consistenza finale però è perfetta, croccante come quelle che appunto trovate in gelateria.
seconda versione
SECONDA RICETTA CON UOVA E ACQUA E BURRO
Questa la ho trovata on line, è quella che va per la maggiore. A mio avviso troppo dolce. La consistenza è buona, ma davvero stucchevole. E non ha cacao, a differenza delle cialdde classiche
125 zucchero
55 uova
63 burro fuso
Vaniglia
125 acqua
150 farina
terza versione
TERZA RICETTA – questa la ho ideata io. È una via di mezzo. E la ho realizzata in due versioni, cacao e non cacao.
Personalmente la trovo buona, non stucchevole, liquida a sufficienza per esser usata una piastra domestica. E’ croccante e delicata. E non spessa come la n1. Si fa mangiare insomma.
100 zucchero zefiro
55 uova
Vaniglia
140 acqua
140 farina
3 cacao ( nella versione senza cacao lo ho semplicemente omesso)
60 burro fuso
Comunque nonostante siano belle differenti tutte e tre le ricette si eseguono allo stesso modo, in maniera velocissima: dovete ottenere una pastella mescolando tutti i liquidi insieme, unendo zucchero e vaniglia e la farina setacciata.
Poi vanno fatte riposare in frigo minimo 30 minuti ma anche 24 ore se vi fa comodo.
A questo punto scaldate la cialdiera .
Io consiglio di ungerla con una spruzzata di spray staccante. Lo ho visto fare in vari video on line e in effetti aiuta a evitare che si incolli tutto. Basta una spruzzata leggera, anche non sempre, ogni 2/3 coni.
Per dosare usate un cucchiaio o un mestolo dosatore. Vi versate un mestolino di pastella, cuocete due o tre minuti.
E a questo punto decidete che forma fare:
- Se fate i coni dovete arrotolare la pasta velocemente sul triangolo. La cosa difficile come dicevo è chiudere bene il fondo ma vi svelo un segreto: se resta aperto potete poi in un secondo momento chiuderlo pucciandolo in del cioccolato fuso e facendo la punta al cioccolato. Cosa credete che la Algida li faccia tutti chiusi e perfetti???????
- Seconda possibilità fate le coppette usando come stampo una piastra muffin, altre coppette di ceramica o un bicchiere capovolto.
- Terza possibilità le appoggiate su un mattarello e date una forma a onda incurvata tipo i biscotti tegole .
Insomma vedete cosa fare, io vi ho dato storia, ricetta e idee….
E anche per oggi, nonostante la spossatezza e la scarsa voglia di accender i fornelli, qualcosa si è combinato… e ora sappiamo come accompagnare i nostri gelati!
Post scriptum: la cialdiera la trovate qua CIALDIERA CONI CECOTEC